Alessandro Sandrini, rapito al confine tra Siria e Turchia nel 2016, è stato liberato dal ‘governo di salvezza’, gruppo antigovernativo della zona di Idlib. Lo annunciano le stesse forze pubblicando le foto dell’italiano sui social e affermando che il bresciano era nelle mani di una banda criminale (come mostra la foto che fu inviata a suo tempo dai rapitori).
“Non ho mai perso la speranza di tornare libero. Sono stato tratto abbastanza bene, mai minacciato di morte: mi ha salvato l’attività fisica che riuscivo a fare e la disciplina che mi sono dato”. E’ quanto raccontato da Alessandro Sandrini al pm di Roma Sergio Colaiocco titolare dell’indagine avviata a piazzale Clodio per sequestro di persona per finalità di terrorismo.
“Confermo, mio figlio è libero si trova ancora in Siria ma nelle mani dei nostri carabinieri”, ha detto Gianfranco Sandrini, il padre del ragazzo bresciano scomparso durante un viaggio in Turchia ormai tre anni fa. “Sono felicissimo” ha detto il genitore “è la fine di un incubo”.
“Il connazionale Alessandro Sandrini è stato liberato al termine di un’articolata attività condotta, in territorio estero, in maniera coordinata e sinergica dall’intelligence italiana, dalla polizia giudiziaria e dall’unità di crisi del MAE”. Lo afferma il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in una nota.
Su Alessandro Sandrini pende un’ordinanza di custodia cautelare per rapina. Il bresciano e accusato di un paio di azioni messe a termine con un complice in provincia di Brescia. Era stato disposto il carcere, ma la misura ora dovrebbe essere quella degli arresti domiciliari.
Alessandro Sandrini, bresciano di Folzano, 34 anni, era svanito sul confine tra Turchia e Siria. Manca da casa dal 3 ottobre 2016, quando salì su un volo che da Orio al Serio, via Istanbul, lo portò ad Adana, cittadina turca a 180 chilometri da Aleppo. “Vado per una vacanza”, disse alla famiglia. Sarebbe dovuto tornare in Italia il 10 ottobre, una settimana dopo la partenza, ma la fidanzata che lo aspettava all’aeroporto di Bergamo non lo vide arrivare. Scattò così la denuncia. Sandrini tornò a dare segnali di vita il 17 ottobre 2017, quando telefonò alla madre Evelina da un numero di una compagnia telefonica attiva sul web. “Ciao mamma, è un anno che manco da casa e so che mi stai cercando. Non so dove sono, mi hanno sequestrato. Ti prego aiutami”, disse. Il 3 dicembre successivo chiamò una seconda volta: “Vogliono i soldi, qui non scherzano”, raccontò. Il 22 dicembre la terza chiamata: “Sono in una stanza tre metri per tre”, disse sempre alla madre. Il 21 gennaio 2018 durante la quarta telefonata si sfogò: “Lo Stato italiano non sta facendo nulla. Mi vogliono far morire qui”.
Dalle telefonate si passa ai video e due registrazioni finirono nel fascicolo della Procura di Brescia che con i magistrati di Roma indaga sulla vicenda. Nelle immagini del 19 luglio, pubblicate in rete, Sandrini indossava una tuta arancione e aveva alle spalle due uomini armati. “Sono due anni che sono in carcere e non ce la faccio più, sono stanco dentro. Chiedo all’Italia di chiudere questa situazione in tempi veloci perchè hanno detto chiaramente che sono stufi, che mi uccideranno se la cosa non si risolve in tempi brevi e io chiedo di aiutarmi”, diceva nel video il bresciano. Il padre Gianfranco non si è mai stancato di chiedere un intervento “deciso” dello Stato italiano. “Mio figlio è stato abbandonato dalle istituzioni”, diceva qualche mese fa.
Nel frattempo il nome di Alessandro Sandrini due volte è comparso tra gli imputati in tribunale a Brescia. In un processo per rapina e ricettazione per aver tentato di vendere a cinesi dei tablet rubati da un fast food a Desenzano del Garda e per una rapina che avrebbe messo a segno prima dell’ottobre 2016.
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