Roma Europa Festival 2019/ Il “Giornale Notturno” di Jan Fabre in scena al teatro Vascello

di FEDERICO BETTA –

Achille Bonito Oliva lo ha definito artista totale per la sua capacità di sviluppare opere, oggetti, sculture, disegni e spettacoli che mescolano linguaggi e idee provenienti dai più disparati campi del sapere.

Nel corso di RomaEuropaFestival2019, negli spazi del sempre accogliente teatro Vascello di Roma, Jan Fabre ha presentato il suo ultimo lavoro teatrale, The night writer. Giornale Notturno. Monologo per attore, musica, mega schermo di fondo, lo spettacolo è una lunga ricostruzione della sua biografia d’artista, dalla sua infanzia ad Anversa negli anni sessanta, fino ai suoi lavori di inizio secolo, in cui prende sempre più spazio il cervello come macchina della realtà.

In scena un ampio tappeto di sale, alcune pietre, una lastra di cristallo poggiata su due cavalletti da pittore, una sedia e alcuni oggetti poggiati sul piano della scrivania. Dietro a tutto un enorme schermo bianco sui cui viene proiettata al centro l’ombra della scrivania.

A interpretare e leggere i diari di Fabre è il mastodontico Lino Musella, che quasi immobile con il corpo, entra ed esce dalla sfaccettatissima emozionalità dell’autore con una plasticità al limite della maschera. Nella turbolenta infanzia con la nonna ubriaca, vicino al fratello morente, nelle esperienze da giovane mantenuto da ricche collezioniste di New York, fino ai lavori artistici più svariati, la vita di Fabre brucia in continuazione portando l’esistenza e la creazione sempre al limite della violenza.

Ridere non è separato da piangere, cantare diventa urlare, pensare è esistere, stare immobile è un continuo movimento. La forza dell’autore scoppia nella profondità di Musella, che porta le parole quasi ad incendiarsi come la scatola di cerini che prende fuoco davanti ai suoi occhi. Fabre è sempre un passo avanti il conosciuto e allo stesso tempo un flusso creativo che non ha direzione. “Se sapessi cosa sto facendo, che ricerca sarebbe?”. Il testo punteggiato dalla data e dal luogo come un diario intimo, sposta l’attenzione tra la vita d’artista e l’opera, tra il pensiero sulla vita e quello sull’arte. Ma ad ogni passo, ad ogni momento in cui Musella cita “Anversa 1978”, ci troviamo immersi in un nuovo momento del flusso, come se non ci fosse mai distinzione tra vita e creazione. Tanto che per Fabre la produzione artistica non è del pensiero, non è nemmeno un frutto dell’anima del suo creatore. Ma è una vera e propria secrezione del corpo, come il sudore che appare senza poterne fare a meno. Ne risulta un’esposizione della propria storia, della propria personalità, intrisa di quel surrealismo Magrittiano (entrami gli artisti sono belgi) in grado di mostrare con estrema chiarezza ogni cosa, senza però mai svelarne il mistero.

Il lungo discorso ha talvolta i caratteri dello sproloquio fino all’estrema autoindulgenza. Un artista che si mette a nudo è sempre un creatore di opere e viene sempre il dubbio su quale sia la parte sincera e quella inventata. Un confine che, come gli altri affrontati da Fabre, non è mai possibile individuare. Ma solo esperire, lasciando il mistero dell’uomo dietro le sue opere.

*Per chi vuole approfondire la personalità di questo inafferrabile uomo di spettacolo, fino al 9 febbraio 2020 al Palazzo Merulana di Roma, è in mostra The Rhythm of the brain, sculture, disegni e video performance dell’artista.

 

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