Tra le proposte degli ultimi giorni della diciottesima edizione del Roma Europa Festival (https://romaeuropa.net), abbiamo assistito al nuovo lavoro di Lola Arias, Campo Minato (Minefield) andato in scena al Teatro Vascello dal 17 al 19 novembre.
Con una drammaturgia che mescola realtà e rappresentazione, la giovane regista argentina ha riunito sei veterani della guerra delle Malvinas (le inglesi Falkland) per dare vita a un confronto a cuore aperto. Portando sul palco il commovente e duro incontro tra veri ex-soldati argentini e inglesi (Lou Armor, Rubén Otero, David Jackson, Gabriel Sagastume, Sukrim Rai, Marcelo Vallejo), grazie al suo sguardo delicato e sensibile ma al tempo irriverente e provocatorio, la Arias ha offerto un’esperienza umana prima che artistica.
Quando sono tornati a casa, dopo il conflitto, vincitori o sconfitti, come probabilmente tutti reduci di guerra, anche i nostri protagonisti non hanno mai smesso di ricordare quei tragici eventi. Negli incontri tra ex combattenti, la memoria di quei settantaquattro giorni che hanno causato la morte di oltre 600 soldati, è diventata un argomento di racconto collettivo. Una rievocazione sempre allargata, ampliata, indefinitamente espansa alla ricerca di un anello mancante, di quell’unico imprendibile tassello che potesse dare finalmente un senso a quell’esperienza traumatica.
Proprio quest’inespugnabile roccaforte della memoria ci è sembrata cercare anche il lavoro di Minefield. Dimenticando l’eroismo, le battaglie e il cameratismo tipico delle narrazioni di guerra più comuni, lo spettacolo ha creato un terreno di confronto che potesse unire le diverse esperienze e culture grazie a una nuova lingua, fatta di tracce, ricordi, reperti e memorie che quegli uomini hanno conservato dentro di sé. In una continua sovrapposizione di immagini, mentali e fisiche, offuscate o ancora palpitanti, la regista non ha dimenticato le tensioni mai risolte, ma anzi, ha fatto delle contraddizioni il terreno comune nel quale ritrovarsi.
Con la continua traslazione tra opera e memoria, tra realtà del palco e riproduzione filmata, tra messa in scena e reperto originale, Lola Arias ha orchestrato la giustapposizione tra vissuto e ricordato con la semplicità di una collezionista che sfoglia i suoi tesori. Così le pagine delle riviste d’epoca, le canzoni e le scenette da truppa militare, le interviste ai sei protagonisti, le lettere più sentimentali o il ricordo di un nemico che ti muore tra le braccia, si sono alternati davanti agli occhi di noi spettatori come un catalogo delle esperienze comuni di chi ha vissuto la guerra sulla propria pelle.
Ecco, forse solo l’imprendibile vastità di questo inventario, che comincia come una divertente avventura e finisce con un urlo che ti chiama direttamente in causa, può rendere l’inestricabile senso ultimo dell’esperienza di guerra. E si esce dal teatro con un unico grande interrogativo: per quale motivo saresti disposto a uccidere?
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