di FEDERICO BETTA – Realtà e messa in scena: questi sembrano gli estremi entro cui si muove lo spettacolo di Cyril Teste (“Opening Night”) presentato al Teatro Argentina di Roma per il RomaEuropaFestival 2019. Il testo è tratto dalla sceneggiatura di Opening nightdi John Cassavetes, un capolavoro d’improvvisazione e meta cinema che affonda la propria storia nel dietro le quinte di uno spettacolo teatrale. Gena Rowlands, al meglio delle sue capacità di attrice ineguagliabile, crolla di fronte alla morte di una fan e mina la messa in scena del dramma, mettendo in discussione la propria vita.
Cassavetes, per chi lo conosce e lo ama, è una sorta di mito che ha rifondato il cinema durante il New American Cinema degli anni ‘70. Con Ombre ha portato sullo schermo la vita come non s’era mai vista; con la sua storia artistica ha mostrato come un gruppo coeso di attori e tecnici potesse rivoluzionare non solo l’arte cinematografica, ma il modo stesso di concepirla.
Cinquant’anni dopo, e più di vent’anni dopo il manifesto Dogma di altri due eredi di Cassavetes come Lars von Trier e Thomas Vinterberg, Cyril Teste riproduce in teatro un film portando sul palco il cinema stesso.
Il giovane Morgan Lloyd Sicard, che interpreta il regista del lavoro che dovrà andare in scena a breve, entra e esce dallo spettacolo per parlare con gli spettatori, fare battute, coinvolgere addirittura una spettatrice chiedendole di tradurre alcuni pezzi improvvisati. Ad accompagnare Sicard, Fréderic Pierrot si presta a fare da spalla impulsiva, viscerale e ironica, ma anche attenta e delicata, alla vera star dello spettacolo. Isabelle Adjani, con tutta la forza di icona del cinema francese (da giovanissima ha recitato in Adele H. di Françoise Truffaut) riempie la scena dando alla soffertissima protagonista un taglio melò tanto tipico del cinema francese.
Tutto lo spettacolo è ripreso da videocamere che trasmettono in diretta wifi su un grande schermo incastonato nella scenografia. I momenti di cinema e quelli di teatro si confondono, come si mescolano la realtà del dietro le quinte con ciò che accade in scena. La tecnologia è parte stessa del lavoro. Raddoppia le battute, le contrappunta, le stravolge mostrando una verità che non è sempre quella che vediamo sul palco. Il cameraman sembra danzare attorno all’Adjani offrendoci dei commoventi primi piani in un raffinatissimo bianco e nero. A un certo punto però, quando l’Adjani (Mirtle Gordon nello spettacolo) in un delirio alcolico vede la sua fan morta poche ore prima (interpretata da Zoé Adjani), l’operatore sembra sparire dalla vista, e abbiamo il momento più magico dello spettacolo.
Cyril Teste è evidentemente un cinephile ultra consapevole dei mezzi che porta sul palco. La struttura dello spettacolo è una continua rifrazione tra cinema e teatro che gli permette di omaggiare i suoi autori di riferimento (toccante la citazione di Personadi Ingmar Bergman, altro grande regista che si è mosso a cavallo tra le due arti). Il lavoro è coinvolgente e innovativo, drammatico senza perdere l’autoironia, fresco e profondo, consigliatissimo per fare un viaggio che ci espone a sinceri dubbi sullo statuto della rappresentazione.
Rimane però in fondo una perplessità. Mentre Cassavetes metteva in scena le vere e proprie prove degli attori, che per lui erano sempre parte dello spettacolo, Cyril Teste non si assume quest’onere e riproduce delle prove che sono sempre teatro scritto e recitato tradizionalmente. Chissà che forza avrebbe potuto avere questo lavoro se il regista avesse spinto la sua energia rivoluzionaria fino in fondo. Andando davvero a rischiare davanti al pubblico.
Commenta per primo