Salvini come quel calabrone chiuso in un barattolo

di SERGIO SIMEONE* – Queste elezioni del Presidente della Repubblica erano state finora caratterizzate dall’agitarsi scomposto di Matteo Salvini. Sembra un calabrone chiuso in un barattolo di vetro: ronza rumorosamente per cercare di uscirne, ma dà solo testate contro la parete. E’ rimasto un po’ fermo solo finché è rimasta in campo la candidatura di Berlusconi. Sembrava però una molla compressa: non posso parlare, faceva capire, perché devo fingere di ritenere eleggibile il cavaliere per non dargli un dispiacere, ma non appena l’anziano leader capirà che non ha i numeri e toglierà il disturbo , vedrete: farò dei nomi di tale livello che il centrosinistra non potrà dire di no.

Poi Berlusconi si è tirato indietro, ma Salvini, prima di fare i suoi nomi, come promesso, ha tentato di imbastire una trattativa con Draghi, chiedendo, in cambio del sostegno della Lega alla sua candidatura, una contropartita nel futuro governo. Ma Draghi ha correttamente rifiutato di fare una cosa che è del tutto in contrasto con la Costituzione. E finalmente il “capitano” ha potuto fare i suoi nomi: Marcello Pera, Letizia Moratti e Carlo Nordio. Tre nomi assolutamente indigeribili per il centrosinistra e pertanto respinti al mittente da Letta e dai suoi alleati.

Ma Salvini sapeva perfettamente che su quei nomi non si sarebbe trovato un accordo. Infatti, stranamente, non aveva inserito nella rosa la Casellati e non la aveva inserita perché, mentre offriva la rosa al centrosinistra, avviava un tentativo di raccogliere una maggioranza per far eleggere la presidente del Senato senza i voti del centrosinistra.

Visto fallito anche questo tentativo, sembrava che Salvini fosse arrivato a più miti consigli e avesse accettato di discutere su una rosa di nomi di personalità effettivamente super partes: Mario Draghi, Giuliano Amato, Marta Cartabia, Elisabetta Belloni, Pierferdinando Casini e Sabino Cassese. Sembrava, cioè, che il leader leghista avesse rinunciato a far eleggere un esponente del centrodestra ed avesse accettato l’invito di Letta a seguire l’esempio del famoso conclave di Viterbo del 1270: chiudiamoci in una stanza a pane ed acqua e usciamo di lì solo quando avremo raggiunto l’accordo sul nome da votare.

Ma non è andata così. Il “conclave” non c’è stato e si è diffusa la notizia che al vertice di centrodestra Salvini porterà due nuovi nomi di papabili: Giampiero Massolo, diplomatico ed ex direttore del DIS e Franco Frattini, ex ministro degli Esteri dei governi Berlusconi. Siamo insomma di nuovo ai nomi lanciati unilateralmente dal centrodestra che non hanno alcuna speranza di essere accolti dalla controparte politica. Probabilmente solo quando il calabrone darà una nuova testata nel vetro finirà di ronzare. E, forse, potremo avere il successore di Mattarella.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

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