di ENNIO SIMEONE – Il governo giallo-verde, tra una lite e l’altra e tra uno scambio di accuse e una promessa di riappacificazione tra Salvini e Di Maio, è riuscito finalmente a varare ieri (nella riunione straordinaria tenuta simbolicamente a Reggio Calabria – foto in basso) il decreto “sblocca-cantieri”: un provvedimento che deve dare il via alla realizzazione di circa 600 opere pubbliche progettate da anni in tutta Italia, alcune mai finanziate, altre avviate ma ferme o per mancanza di fondi o per liti locali, o perché impantanate in pastoie giudiziarie. Una mostruosità italiota che faceva a cazzotti con le invocazioni di “più investimenti”, ”più occupazione”, strombazzate nei talk show televisivi dagli stessi esponenti delle forze politiche e amministrative che avrebbero avuto il dovere di realizzare da anni quelle opere, ma che ne attribuivano ai colpa ai governanti oggi in carica.
Bene. Ora, dopo l’approvazione del decreto, tutto filerà liscio? Centinaia di imprese convocheranno nel giro di pochi giorni centinaia di migliaia di operai e tecnici per assumerli e metterli al lavoro? Temiamo che questo non accadrà, e per lo meno non accadrà con la velocità che la situazione economica richiede, con le necessità delle popolazioni che da anni aspettano quelle opere, con le attese delle aziende incolpevolmente ferme. Perché?
Poche ore dopo la conclusione del Consiglio dei ministri è immediatamente piovuta sui tavoli delle redazioni la seguente dichiarazione rilasciata alla compiacente Radio Capital dal dottor Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Anticorruzione: «Credo che questa norma non sia corretta, soprattutto sul piano di garantire migliori servizi per la pubblica amministrazione. Mantengo le mie riserve, non mi va di dire che è una norma sblocca tangenti, è esagerato; ma non va nella giusta direzione. E non credo che servirà davvero a sbloccare gli appalti». Motivo di tanto pessimismo? Per molti appalti, al di sotto di una certa cifra, il decreto non prevede gare tra più aziende concorrenti.
In linea di principio, e in un paese con tutt’altro sistema giudiziario (diverso da quello italiano, macchinoso, cavilloso, infestato dall’ormai paralizzante obbligatorietà dell’azione penale delle Procure di fronte anche alla più improbabile denuncia, magari ignobilmente infarcita di pretestuose insinuazioni), sarebbe un’esigenza giusta; ma Cantone sa benissimo che cosa significa pretendere in Italia, nella patria della carta bollata, procedure complesse negli appalti: significa la paralisi delle opere pubbliche. Quella che oggi ha richiesto un “decreto sblocca-cantieri”. Peccato che, appena approvato, c’è già chi è pronto a…bloccarlo. E potete giurarci: ci riuscirà. Per la gioia dei politici che, di volta in volta, saranno all’opposizione e potranno nelle campagne elettorali riversare sugli altri la colpa della crisi, della disoccupazione, e dello spread.
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