di ENNIO SIMEONE – Il presidente Mattarella ha preso una decisione molto ferma di fronte all’atteggiamento litigioso tra le tre forze politiche tra cui si è diviso l’elettorato: ha escluso fermamente di dare l’incarico a chi non abbia la garanzia di ottenere la fiducia del parlamento e si è detto pronto – perché vi è costretto – a far nascere un governo di garanzia, neutrale rispetto alle forze politiche, che possa riportare l’Italia alle urne entro dicembre. Ma anche un governo composto da persone che si impegnano a non partecipare poi alle elezioni ed anzi siano pronte a dimettersi appena maturassero, nel frattempo, le condizioni per la formazione di un governo politico, cosa che Mattarella si augura possa ancora avvenire nei prossimi giorni.
A questa conclusione – ha spiegato – è giunto ritenendo estremamente rischioso far svolgere elezioni in estate (non prima dell’8 luglio) e altrettanto pericoloso arrivare senza un governo effettivo agli importanti e delicati appuntamenti dell’autunno: manovra economica (che dovrà evitare l’aumento dell’Iva) e rapporti internazionali.
Le prime reazioni sono state negative nei confronti dell’ipotesi di un governo di “tecnici”: hanno subito detto di no sia il M5s, sia la Lega, sia Fratelli d’Italia. Unica eccezione il Pd, che è il maggiore responsabile dello stallo che si è determinato, avendo assunto un atteggiamento nichilista, dettato da Renzi, rifiutando la proposta di un contratto di governo proposto dal M5s, e avendo addirittura annunciato, poche ore dopo il voto, di volersi collocare “all’opposizione” a prescindere da quale governo si sarebbe formato e addirittura se si sarebbe formato!
E allora come se ne uscirà? La via Mattarella l’ha indicata, pur senza dirlo esplicitamente: manderà davanti alle Camere il governo neutrale, che, anche in caso di bocciatura, resta in carica fino a nuove elezioni, che quindi verrebbero giocoforza anticipate o a luglio o al massimo ad ottobre. Ma spera che ciò non debba accadere, perché si augura, non si sa con quanto fondamento, che di fronte alla situazione che ha prospettato, qualche forza politica abbia un resipiscenza: in particolare quella che si è assunto il compito principale di far saltare l’unico accordo possibile, cioè il Pd.
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