di SERGIO SIMEONE – Quem Deus vult perdere dementat prius. Questa massima mi è venuta in mente immediatamente quando ho letto la notizia che secondo Renzi il PD dovrebbe candidare Gentiloni come premier in caso (che ormai sembra scongiurato) di prossime nuove elezioni.
Renzi infatti dimentica due cose: 1) che già per le elezioni del 4 marzo il candidato premier per il PD era (sia pure informalmente) Gentiloni e che ciò non ha impedito a questo partito di andare incontro ad una rovinosa sconfitta. 2) Che proprio l’endorsment di Renzi ha tagliato le gambe a Gentiloni, che pure godeva nei sondaggi di un ampio gradimento personale da parte dell’elettorato. Renzi, insomma, stava preparando alacremente una nuova sconfitta per il PD, che forse ora la mossa di Mattarella, che ha spinto all’accordo Di Maio e Salvini potrà scongiurare.
Poi mi è stato dato di ascoltare una dichiarazione di Elena Boschi, che, quasi in sincrono con il suo capo, ha detto che, per quanto riguarda le candidature per il novo Parlamento la scelta migliore sarebbe quella di riconfermare le candidature delle elezioni del 4 marzo (con una originale inversione della famosa frase “squadra che vice non si cambia”).
A questo punto mi è venuta in mente una famosa sentenza di William Shakespeare: “C’è della logica in questa follia”. Insomma a Renzi non importa quale sarà la dimensione del PD dopo le prossime elezioni, ma se continuerà ad esercitare il suo controllo sui parlamentari del partito che usciranno dalle urne.
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