Si è spenta a 51 anni la scrittrice Michela Murgia. Aveva rivelato al Corriere della Sera, in un’intervista ad Aldo Cazzullo, di avere un tumore al quarto stadio, con metastasi “già nei polmoni, nelle ossa, al cervello”. Che ora un’operazione “non avrebbe senso”, perché aveva ormai “mesi di vita“.
La scrittrice aveva spiegato di aver deciso di sposarsi “perché lo Stato chiede un ruolo” e che “mio marito saprà cosa fare”. Mentre si stava sottoponendo a una “immunoterapia a base di biofarmaci” per rallentare la malattia, Murgia aveva comprato una nuova casa “con dieci letti dove la mia famiglia queer può vivere insieme”.
Già nel 2014, quando era candidata alla presidenza della Regione Sardegna, le era stato diagnosticato un cancro al polmone. Allora non ne aveva parlato perché “non volevo pietà”. Ora il cancro “è partito dal rene, ma a causa del covid avevo trascurato i controlli”. “Non si torna indietro, ma non ho paura della morte”.
Il suo nuovo libro, “Tre ciotole“, si apre con la diagnosi di un male incurabile. “È il racconto di quello che mi sta succedendo. Diagnosi compresa”, racconta ad Aldo Cazzullo. Carcinoma renale al quarto stadio. “Dal quarto stadio non si torna indietro”.
Nell’intervista al Corriere aveva spiegato: “Mi sto curando con un’immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti“.
Alla domanda di Cazzullo: la morte non le pare un’ingiustizia? aveva risposto: “No. Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite. Ho fatto cose che la stragrande maggioranza delle persone non fa in una vita intera. Cose che non sapevo neppure di desiderare. Ho ricordi preziosi”.
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