Un nuovo lutto ha colpito oggi la cultura e lo spettacolo: è morta l’attrice Piera Degli Esposti all’ospedale Santo Spirito di Roma, dove era ricoverata dal primo giugno per complicazioni polmonari. Aveva 83 anni. Definita da Eduardo De Filippo “‘o verbo nuovo“, con la sua voce e il suo corpo, la sua vena anticonformista e spregiudicata, Piera Degli Esposti ha scritto un capitolo importante della storia del teatro e del cinema del nostro Paese, formandosi “con le donne”, come amava ripetere, e mai con le accademie.
Nata a Bologna il 12 marzo 1938, ha lavorato con Antonio Calenda, Giancarlo Cobelli e Ida Bassignano nel teatro; ha scardinato le convenzioni del teatro e attraversato l’avanguardia con Carmelo Bene; è stata diretta dai fratelli Taviani, Pier Paolo Pasolini, Lina Wertmüller e Giuseppe Tornatore nel cinema, Riccardo Milani e Giacomo Campiotti in tv. Ha vinto il David di Donatello per “L’ora di religione” (2002) di Marco Bellocchio e “Il divo” (2009) di Paolo Sorrentino. Nel 1980 ha collaborato con la scrittrice Dacia Maraini al libro “Storia di Piera“, ispirato ai fatti della sua infanzia, da cui nel 1983 è stato tratto il film omonimo diretto da Marco Ferreri, con cui ha stretto un lungo sodalizio.
Dopo essere stata respinta dall’Accademia di arte e drammatica, Piera Degli Esposti – come ricorda l’Adnkronos – si butta anima e corpo nella recitazione, esordendo con Antonio Calenda, Gigi Proietti e Nando Gazzolo al Teatro dei 101, dove interpreta un ruolo maschile in “Dieci minuti a Buffalo” (1968). Si afferma come prima attrice al Teatro Stabile dell’Aquila, interpretando “La figlia di Iorio” (1971), “Antonio e Cleopatra” (1974) e “Molly cara” (1978, Premio Ubu come miglior attrice). Nel frattempo aveva ottenuto una piccola parte nello sceneggiato televisivo di Edmo Fenoglio “Il Conte di Montecristo” (1966).
Piera Degli Esposti esordisce cinematograficamente nel film di Gianfranco Mingozzi “Trio” (1967), poi lavora in “Questi fantasmi” (1967) di Renato Castellani e alterna ancora una volta la tivù alla settima arte, partecipando allo sceneggiato “Il Circolo Pickwick” (1968), di Ugo Gregoretti. Particolarmente amata da Pier Paolo Pasolini, recita per lui una piccola parte in “Medea” (1969), così come farà per i fratelli Taviani, che la vogliono nel cast di “Sotto il segno dello scorpione” (1969). Non disdegna neanche i b-movie italiani dei primi anni Settanta, come ad esempio “Bisturi – La mafia bianca” (1973) di Luigi Zampa.
Contemporaneamente, a teatro, continua a mietere grandi successi in “Elettra” e “Rosmersholm” (Premio Ubu come miglior attrice), entrambi del 1980. Nello stesso anno Dacia Maraini, sua grande amica, racconta la sua infanzia anticonformista e tragica nel romanzo “Storia di Piera” (prima edizione da Bompiani, poi ristampato da Bur Rizzoli). In seguito, lavora in “Assolo“, “La più forte” e “Adelchi” con la collaborazione di Carmelo Bene. Diretta da Nanni Moretti in “Sogni d’oro” (1981), è protagonista del film di Cinzia Th. Torrini “Giocare d’azzardo” (1982). Poi avviene il fatidico incontro con Marco Ferreri che, innamoratosi totalmente di questa grande artista, la impiega non tanto come attrice, ma come sceneggiatrice per due dei suoi migliori film: la trasposizione cinematografica di “Storia di Piera” (1983) e “Il futuro è donna” (1984). Nello stesso periodo si lega artisticamente a un altro grande nome del cinema, la regista Lina Wertmüller, che la dirigerà in “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante di strada” (1983), con Ugo Tognazzi, “Il decimo clandestino” (1989) e “Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e di politica” (1996).
Dopo essere stata Perpetua nello sceneggiato tv “I promessi sposi” (1989), duettando con Alberto Sordi nel ruolo di Don Abbondio, lavora sul palcoscenico del Living Theatre, poi porta nei teatri italiani “Lo zoo di vetro“, “Madre Coraggio“, “La musica dei ciechi”, “Prometeo” e “Stabat Mater”, dove interpreta una Madonna dei bassifondi.
Nel 1996 è la travolgente protagonista in teatro di “Una indimenticabile serata” di Achille Campanile dove, diretta da Antonio Calenda, rivela la sua vis comica e irreale. Torna anche al cinema con “Nerolio” (1996) di Aurelio Grimaldi, ma è con “L’ora di religione – Il sorriso di mia madre” (2002) di Marco Bellocchio, nel ruolo della vivace e carismatica zia Maria di Sergio Castellitto, che vince il David di Donatello come miglior attrice non protagonista. Una vera riscoperta di questa attrice che diventa un volto molto riconosciuto anche per le nuove generazioni che la apprezzano nel film tv “L’inganno” (2003) di Rossella Izzo o la fiction a puntate “Diritto di difesa” (2004). Ex suora, ora proprietaria di un cinema porno, per Marcello Garofalo in “Tre donne morali” (2006), è di nuovo protagonista nella pellicola di Giuseppe Tornatore “La sconosciuta” (2006).
Oltre al successo televisivo della serie musicale “Tutti pazzi per amore“, dove recita accanto ad Emilio Solfrizzi, il 2011 è un altro anno di cinema per l’attrice: è nelle sale con “I bambini della sua vita” di Peter Marcias e “I baci mai dati” di Roberta Torre. Negli ultimi anni partecipa a diversi film, tra i quali “Cloro” (2015) di Lamberto Sanfelice, “Assolo” (2016) di Laura Morante, “Orecchie” (2016) di Alessandro Aronadio, “I santi giorni” (2017) di Rafael Farina Issas, “My Italy” (2017) di Bruno Colella e “Favola” (2017) di Sebastiano Mauri. Nel 2019 ha ricevuto il Premio Flaiano di teatro per la carriera.
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