Sta sollevando polemiche da parte delle associazioni animaliste l’ordinanza del sindaco del comune di Torri del Benaco (sul lago di Garda, in provincia di Verona) che obbliga – almeno per tutto il periodo estivo – i possessori di cani (sia residenti e che turisti), a raccogliere d’ora in poi non solo la popò degli animali che portano a passeggio, ma anche la pipì.
In quale modo l’incombenza debba essere attuata l’ordinanza non lo prescrive; tuttavia è esplicito l’invito ai proprietari dei cani a provvedervi per realizzare “la completa pulizia del suolo” dopo che il loro amico a quattro zampe avrà fatto i propri bisogni. Comunque sui cartelli comunali dei divieti c’è l’invito a munirsi di “palette o strumenti adatti” e ad evitare che gli animali entrino “nei parchi, nei giardini pubblici nonché sulle aiuole”.
In realtà vi è poco da scandalizzarsi di tale provvedimento. Basta vedere come si comportano i proprietari di cani in alcuni centri dell’Alto Adige (che da un secolo è Italia, e non soltanto quando sforna campioni di sci di cui vantarsi, anche se vi si parla prevalentemente un dialetto tedesco): portano con sé, oltre al sacchetto e alla paletta per raccogliere gli escrementi, anche una bottiglietta d’acqua da spruzzare sull’urina.
Ma purtroppo nel resto del Belpaese (in prima linea Roma) sono ancora in pochi a seguire queste elementari regole d’igiene. E i sindaci e i vigili urbani se ne infischiano. Ma il guaio è che, quando intervengono, le associazioni animaliste o tacciono o s’inalberano.
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