Storica stretta di mano tra il presidente cubano Raul Castro ed il presidente americano Barack Obama al Palazzo della Rivoluzione a L’Avana. Nell’edificio simbolo della rivolta castrista, i due presidenti hanno passato insieme in rassegna le truppe, mentre nella sala era esposta la bandiera americana. Castro, a fianco di Obama, ha stretto la mano anche al segretario di Stato John Kerry e ad altri rappresentanti americani. Il leader dell’isola caraibica ha ricevuto l’ospite con un largo sorriso. Poi insieme hanno posato davanti a foto e videocamere. E per la prima volta l’inno americano ha risuonato nel Palazzo della Rivoluzione a Cuba.
All’Avana vecchia per il presidente Usa e la sua famiglia, al loro arrivo nella piazza della cattedrale, sono stati accolti da calorosi applausi Alcune centinaia di persone hanno battuto le mani e gridato il nome del presidente, ‘Barack, Barack’. Il capo della Casa Bianca ha speso alcuni minuti per salutare la gente e stringere la mano prima di entrare in cattedrale.
Poi l’incontro con il cardinale Ortega, tappa allo storico ristorante San Cristobal, uno dei migliori e dei più affascinanti della capitale, per una cena creola. Il corteo presidenziale ci è arrivato attraverso vie strette e piene di folla che correva verso la testa del corteo per tentare di vedere il presidente. In precedenza la gente raccolta in Plaza de Armas lo aveva salutato scandendo ‘Usa!’, ‘Usa!’
La Casa Bianca ha fatto sapere di non sentirsi affatto “offesa” dalla mancata accoglienza in aeroporto del presidente cubano Raul Castro all’arrivo del presidente americano: “Non è mai stata prevista nè presa in considerazione una sua presenza in quella sede”, ha affermato Ben Rhodes, consigliere di Obama per la sicurezza. Qualche mese fa Castro aveva accolto in aeroporto, a Cuba, papa Francesco e il patriarca ortodosso russo Kirill.
Tante però sono le aspettative dopo oltre mezzo secolo di embargo e tanto il tempo passato da quando un presidente americano mise piede nell’isola, 88 anni fa. Una “visita storica, una opportunità storica”, come ha detto lui stesso incontrando in serata lo staff dell’ambasciata americana, dopo il primo messaggio via twitter ai cubani. “Que bola Cuba?” (Come va Cuba?, ndr). “Sono appena arrivato alla meta qui, non vedo l’ora di incontrare e di sentire direttamente il popolo cubano”, ha scritto esordendo con lo slang dell’isola. Il suo atterraggio a bordo dell’Air Force One sotto un cielo grigio e piovoso non ha tuttavia ricevuto il massimo del rituale dal regime: ad accoglierlo il ministro degli esteri Bruno Eduardo Rodriguez Parrilla, non il presidente Raul, mentre la tv di Stato ha interrotto brevemente i suoi programmi solo per far vedere lo sbarco di Obama e le strade dell’Avana sono rimaste deserte per la mancata mobilitazione da parte del governo.
Inoltre l’arrivo del presidente americano è stato offuscato dalla retata che lo ha preceduto, con una cinquantina di attivisti dei diritti umani arrestati durante una marcia pacifica all’Avana, come denunciato da fonti di opposizione. Tra loro anche una ventina di esponenti del gruppo ‘Damas de blanco’, formato dalle mogli di prigionieri politici, all’esterno di una chiesa dove tentavano le loro proteste settimanali. “E’ stato brutale, ci sono persone con fratture e contusioni. Ci hanno picchiato duro”, ha raccontato un oppositore, Antonio Rodiles. Forse una prova di forza del regime di fronte alla dichiarata intenzione di Obama di parlare anche di diritti umani e di incontrare alcuni dissidenti. O forse un colpo di coda all’interno di un partito comunista dove sembrano convivere sentimenti contrastanti, come dimostrano le foto sui giornali cubani dell’incontro odierno tra Fidel Castro e il presidente venezuelano Nicolas Maduro, che per ora ha oscurato la visita di Obama.
Preceduto di poche ore da un forse poco opportuno allarme Zika a Cuba delle autorità sanitarie, Obama è arrivato insieme alla famiglia, alla suocera e ad una maxi delegazione di parlamentari e imprenditori. La prima tappa è stata in un hotel dell’Avana per salutare il personale con relative famiglie. “E’ meraviglioso essere a Cuba”, ha detto, sottolineando che un presidente americano non metteva piede nell’isola da quasi 90 anni. L’ultimo, ha ricordato Obama, fu Calvin Coolidge nel 1928, che arrivò con una nave da guerra in tre giorni mentre lui ci è arrivato in tre ore d’aereo. Poi ha ringraziato quanti avevano portato i loro figli per incontrarlo, auspicando che quando saranno grandi penseranno che sia naturale che un presidente americano visiti Cuba. Quindi è seguita una passeggiata con la famiglia sotto la pioggia per le vie dell’Avana vecchia, rimessa a nuovo per l’occasione, con strade rifatte e facciate delle case ridipinte.
Nel pomeriggio di lunedì Obama ha preso parte ad un incontro con gli imprenditori sulle opportunità di sviluppo e cooperazione, mentre in serata sarà l’ospite d’onore con la first lady di una cena di Stato, sempre al Palazzo della Rivoluzione.
Martedì sarà il giorno in cui il capo della Casa Bianca parlerà ai cubani dal Gran Teatro dell’Avana Alisia Alonso, con un discorso trasmesso in diretta dalla tv cubana. In tarda mattinata è previsto un incontro con la società civile cubana, forse anche con alcuni dissidenti. Nel pomeriggio spazio alla ‘diplomazia del baseball’: Obama e la sua famiglia assisteranno ad una partita tra la nazionale cubana e i Tampa Bay Rays in uno degli sport più amati in entrambi i Paesi.
Poi tappa in Argentina, per proseguire la sua diplomazia della distensione nell’America latina, come dimostra anche l’incontro di lunedì a Cuba tra il segretario di Stato Usa John Kerry e i rappresentanti delle forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc) per verificare i progressi delle negoziati di pace con il governo di Bogotà, sostenuti dalla Casa Bianca.
Un viaggio, quello cubano di Obama, ricco di appuntamenti, che suggella il disgelo avviato 15 mesi fa con la ripresa dei rapporti diplomatici, seguiti parzialmente da quelli turistico-commerciali, anche se difficilmente il Congresso dominato dai repubblicani revocherà a breve l’embargo. Ma Obama scommette molto sull’interazione economica, nonostante i piani di liberalizzazione attuati da Raul Castro si muovano con la stessa lentezza delle vecchie carcasse di auto americane degli anni ’50 che circolano ancora nell’isola. (servizio Ansa)
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