di SERGIO SIMEONE – Il governo, come sappiamo, ha messo a punto il decreto “Cura Italia” per offrire sostegno economico agli italiani messi in difficoltà dall’emergenza coronavirus. Subito dopo che il provvedimento è stato reso noto ci si è accorti (era inevitabile) che una serie di categorie erano rimaste prive di protezione. E’ seguita una fitta serie di segnalazioni, che hanno permesso al presidente Conte di integrare il provvedimento facendovi rientrare tutti i lavoratori, perfino quelli che lavorano in nero.
Eppure, stranamente, era sfuggita proprio la categoria di quei lavoratori che, di questi tempi, si trovano maggiormente in difficoltà: gli autori satirici. Un mestiere difficile ma indispensabile in un frangente come quello che stiamo attraversando: far ridere la gente mentre imperversa una epidemia.
Si è immolato, al bisogno, come al solito, il provvidenziale Matteo Salvini. Il quale, in una intervista a Sky chiarisce innanzitutto che la scienza da sola non ce la fa a battere il coronavirus: ci vuole anche la fede. Ma questa non l’aveva pensata già Papa Francesco? Sì, ma Lui si è rivolto direttamente a Dio, mentre Salvini indica un percorso privilegiato: occorre rivolgersi al cuore immacolato di Maria perché interceda. Poi, non contento di aver indicato un percorso più efficace di quello imboccato dal Papa, ha cercato di scavalcarlo sulla apertura delle Chiese durante la Pasqua: bisogna permettere che i fedeli, magari a 4 o 5 per volta, possano partecipare alla santa Messa.
Tutto bene. Ma il nostro, preso dal fervore religioso, ha dimenticato di risolvere un problema pratico: se davanti ad una chiesa si presentano cento fedeli desiderosi di ascoltare la messa, cosa si fa? Escluso che si possa costringere il povero parroco a celebrare 20 messe, occorre scegliere i 5 privilegiati che possono entrare nel tempio e mandare a casa gli altri. Con quale criterio? Salvini non lo ha detto, ma tutti hanno intuito: prima gli italiani! La messa no, ma la risata era assicurata per tutti. E lui il sussidio da comico disoccupato se l’è guadagnato.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil
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