di FEDERICO BETTA – Gloria Giacopini, attrice poco più che trentenne, ci aveva già mostrato, in Sogliole a piacere, il suo mondo tragicomico grazie alla messa in scena della sua storia famigliare. In una sorta di autobiografia romanzata raccontava la propria crescita come un gesto catartico: attraverso la disamina del suo specifico percorso di sopravvivenza messo in atto sin dalla propria infanzia, ci ha offerto una condivisione di sé che, al di là del dato biografico, è riuscito a trasfigurare paure e desideri talmente personali da essere universali. Risalire, uscire dal buio, avere una propria identità.
Con il suo nuovo spettacolo, Signorina, lei è un maschio o una femmina? (scritto e prodotto assieme a Giulietta Vacis, visto al Teatro Trastevere di Roma durante la rassegna Tales of women), la Giacopini prende di nuovo in prestito la sua biografia. Questa volta però si concentra sui temi dell’appartenenza di genere che ci costringono dentro etichette sclerotizzate e troppo spesso ci impediscono di dire “Sono solo una femmina a cui piacciono le cose da maschio”.
In un volo sincopato tra grembiulini rosa e azzurri, suore, foto di gruppo, incontri nei bagni dell’asilo e concorsi di bellezza sui generis, si susseguono immagini, ricordi e interessanti riflessioni che prendono spunto da Simone de Beauvoir diventando immancabilmente autoironiche. Non mancano squarci sulla nostra realtà pop, come quella lancinante che ricorda come la cantantissima canzone di Marco Masini, Bella stronza, nasconda un testo brutale che minimezza la violenza di genere.
Il lavoro della Giacopini rinuncia a tutti gli elementi scenici per portare sul palco gli eventi segnanti la propria educazione sentimentale, con uno sguardo in prospettiva che ci permette di reinquadrare accadimenti che quando vissuti non sapevamo gestire, capire, metabolizzare. Grazie a un dialogo diretto con il pubblico, alla sua grande capacità di trasformazione e a un tono dramedy sempre in contrappunto, sulla scena prendono vita personaggi grotteschi che portano con sé una necessità forte, un viscerale bisogno di liberazione.
Ci auguriamo che questo progetto continui, magari abbandonando il leggìo in scena che ne limita la freschezza vitale, o oliando il montaggio a quadri che cerca sostegno negli spot pubblicitari legati al paradigma della brava donna di casa. Non vediamo l’ora di vedere altri innumerevoli capitoli tratti dalla sua vita comica per disinnescare quegli stereotipi in cui tutti noi siamo incastrati, per riconoscerci sempre meglio in quella verità commovente di cui Gloria Giacopini sa consapevolmente renderci partecipi.
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