di FEDERICO BETTA
Il Teatro Quarticciolo dimostra continuamente la sua forza di presidio culturale tra i più attenti del territorio, capace di creare una progettualità legata al quartiere e allo stesso tempo proponendo un cartellone di artiste e artisti che spesso non è facile vedere nei teatri di Roma.
Un esempio è Le parole non sanno quello che dicono, scritto, diretto e interpretato da Marta Dalla Via (foto), attrice tra le più presenti e innovative della scena veneta, per la direzione tecnica di Roberto Di Fresco, prodotto da La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale e Fratelli Dalla Via, andato in scena il 26 e 27 marzo.
Scritto durante il lockdown, lo spettacolo è un flusso di parole che si interroga appunto sul loro utilizzo, sulla necessità di inserirle in un contesto e sul loro diritto ad esistere, mettendo al centro quelle che l’attrice chiama: “Le pecore nere del linguaggio”. Le parole, come dice la stessa Dalla Via, “Non possiedono un cervello e non hanno auto coscienza. Non possono essere buone o cattive perché non sono consapevoli, non sanno quello che dicono”, quindi sta a noi capire il contesto nel quale vengono usate e il senso che di volta in volta acquisiscono. Altrimenti il rischio è continuare a creare parole nuove in una spirale di ossessione che non riconosce il reale uso che ne viene fatto. Illuminanti i moltissimi esempi, come l’utilizzo della parola “stronza” che tra amiche diviene un gesto di complicità e condivisione; oppure l’uso della bestemmia, vietato nei contesti pubblici, ma così presente tra i tavolini dei bar del Veneto, o ancora l’ossessione per le parole politically correct da parte di una dirigente scolastica.
Marta Dalla Via ci trascina tra frammenti di vita personale e riflessioni sulla lingua italiana, in uno show che prende le mosse dalla stand up comedy statunitense arricchita dalla grande dote di far apparire in scena, tratteggiati da pochissimi segni, personaggi esilaranti come la zia tedesca, che lamenta la mancanza di specifiche parole in italiano rispetto alla sua lingua che invece ne è fornitissima.
Lo spettacolo, molto divertente, forse subisce un po’ la costruzione drammaturgica che unisce diversi inserti non troppo omogenei. Ma ha certo tra i suoi pregi quello di essere esplicitamente costruito in relazione al pubblico, ponendosi come un vero e proprio esilarante
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