Tornando al decreto ipotizzato da Franceschini, si sono levate all’unisono (guai a toccare le loro tasche) le proteste delle emittenti italiane lamentando che se saranno costrette ad aumentare e quindi ad acquistare le produzioni nazionali “non ce la faranno più”a sostenere i costi per gli investimenti. Infatti, sempre per fare un esempio, alla Rai costa molto meno acquistare negli Usa qualche serie tipo Castle o Ncis che finanziare un film italiano. Basta che gli italiani passino qualche ora davanti al teleschermo e che imparino che il detersivo X lava meglio degli altri e che il pannolino Y è il più adatto ai loro pargoli, che correranno felici per i prati vedi.
di GIOVANNI PEREZ – Le tv italiane sono sul piede di guerra per protestare contro il ministro Franceschini che ha l’ardire di voler presentare un decreto in cui si prevede l’obbligo per le Tv nazionali di aumentare le programmazioni di opere italiane ed europee. Nessuna delle emittenti nazionali, con in testa la Rai, fa cenno all’aumento della pubblicità, che rende la visione dei programmi un supplizio, tanti sono gli spot, che a volte occupano più tempo della durata di un film. Pazienza per le tv commerciali, che devono pur far quadrare i bilanci, ma non per la Rai, che incassa il canone e che spende fior di milioni per elargire cifre incredibilmente alte, e comunque sempre milionarie, a quelli che ritiene i suoi pupilli, come la Clerici, la regina delle padelle, o l’instancabile Bruno Vespa “ex giornalista” (i contratti della Rai, infatti, lo classificano come ideatore e conduttore di programmi artistici). Menzioniamo questi due signori solo per citarli come esempi, ma coloro che hanno trovato nella Rai la gallina dalle uova d’oro sono molti di più anche se non li citiamo perché su di loro è calato un complice silenzio.
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