di SERGIO SIMEONE* – Leggendo la lettera che Di Maio ha indirizzato ai gilet gialli francesi non ho potuto fare a meno di ricordare un illustre precedente: la lettera che Peppino De Filppo scrive alla malafemmina sotto la dettatura di Totò. Che cosa accomuna le due lettere? Nel caso dei due comici, la crassa ignoranza di qualsiasi regola della grammatica, della sintassi e dell’ortografia. Nel caso di Di Maio, la crassa ignoranza di qualsiasi regola del galateo istituzionale.
Egli dichiara il suo appoggio al movimento dei gilet gialli, ma questo è attualmente ancora un magma indistinto, dal quale cominciano ad emergere in maniera confusa varie tendenze. L‘appoggio acritico a tutto il movimento senza fare nessun distinguo è perciò un mero atto di ostilità contro uno Stato nostro vicino, membro dell’UE, che subisce attacchi che avvengono in forme spesso violente o addirittura eversive, come il tentativo di forzare con una ruspa l’ingresso di un ministero.
Ma la similitudine tra le due lettere riguarda anche gli esiti. La “malafemmina” non solo respinge le profferte dei fratelli Capone, ma dà loro una lezione di civiltà. A Di Maio la lezione di cultura istituzionale viene impartita da Jacline Mouraud, uno dei più popolari leader dei gilet gialli, la quale, intervistata dall’ANSA, dichiara testualmente: “Se devo dirla tutta penso che l’Italia sia l’Italia e la Francia sia la Francia: non siamo lo stesso popolo, penso che quella del vostro vicepremier sia una vera ingerenza negli affari interni del nostro Paese. Davvero mi domando come sia possibile che un ministro italiano abbia bisogno di schierarsi contro un Presidente di un Paese vicino“.
Ma come farà ora Di Maio, penserà qualcuno, dopo questa incredibile sortita, a guardare in faccia senza vergognarsi i membri del governo francese che prima o poi dovrà incontrare?
Questo è l’ultimo dei problemi per il nostro. Basta ricordare il suo comportamento dopo aver annunciato a giugno di voler promuovere la messa sotto accusa del presidente Mattarella per alto tradimento. Due giorni dopo era già al Quirinale col suo solito sorriso stampato sulla faccia a cordiale colloquio con… l’ignobile traditore. Dopo qualche mese ha addirittura dichiarato che Sergio Mattarella è l’angelo custode di questo governo.
Insomma, tutto si può dire di Di Maio, tranne che gli manchi la faccia (di bronzo).
* Sergio Simeone, docente si Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil
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