di SERGIO SIMEONE* – So di non dire una cosa molto originale se affermo che oggi, nel celebrare il giorno della memoria, bisogna rifuggire da qualsiasi forma di ritualità. Lo dicono tutti. Il problema vero è trovare il modo di sfuggire a questa trappola. Io penso che questo giorno dovrebbe aiutarci a riflettere su tre cose che siamo soliti rimuovere.
1. Occorre rendere consapevoli gli italiani che la persecuzione degli ebrei, poi sfociata nell’orrore della shoah, non è un evento lontano, opera di altri, i nazisti tedeschi, ma ha riguardato anche il nostro Paese, dove una parte si rese parte attiva (Mussolini dichiarò in un famoso discorso a Trieste che l’Italia non poteva non dirsi razzista, raccogliendo da una folla oceanica una grande ovazione, il Parlamento italiano approvò le leggi razziali, i fascisti italiani collaborarono con i nazisti nell’effettuare i rastrellamenti degli ebrei da inviare nei campi di sterminio); un’altra parte, la stragrande maggioranza, rimase indifferente mentre i bambini ebrei venivano espulsi dalle scuole e gli ebrei adulti venivano cacciati dai luoghi di lavoro e ridotti alla fame. Occorre anche dire che la indifferenza verso la sorte degli ebrei fu alimentata dalla Chiesa cattolica che considerava tutti gli ebrei colpevoli di deicidio, tanto che si dovette aspettare l’ascesa al soglio pontificio di un grande Papa, Giovanni XXIII, perché fosse espunto dalla liturgia un riferimento ai “perfidi Giudei”.
2. La consapevolezza delle responsabilità italiane nella persecuzione degli ebrei deve aiutarci a demolire un vecchio mito, che abbiamo abilmente costruito e del quale ci compiaciamo, quello degli “italiani brava gente”. E’ un mito autoassolutorio del tutto infondato con cui si cerca in realtà di occultare una parte rilevante della nostra storia nel XX secolo: le atrocità commesse dagli italiani durante le guerre coloniali in Africa. A causa, purtroppo, delle gravi carenze dei nostri programmi scolastici, i nostri giovani si diplomano senza venire a conoscenza dei gravi crimini commessi dalle nostre truppe coloniali a danno di popolazioni inermi, dell’uso dei gas durante i combattimenti, dei campi di concentramento nei quali venivano rinchiusi gli oppositori, di villaggi “ribelli” bombardati, di popolazioni che venivano deportate per dare le terre migliori ai coloni italiani. Quasi nessuno sa che anche in Etiopia esiste un giorno della memoria che si chiama Yekatit 12 (19 febbraio). Ma è quello in cui si celebra il ricordo dell’eccidio compiuto dalle truppe italiane ad Addis Abeba come reazione all’attentato subito dal maresciallo Graziani. Eccidio che durò tre giorni e che ebbe tra le vittime, insieme con migliaia di cittadini innocenti, tutti i monaci cristiani di rito copto perché sospettati di essere gli ispiratori dell’attentato.
3. La shoah fu il prodotto di alcune menti perverse, ma si avvalse della indifferenza dei cittadini comuni per le sofferenze che venivano inflitte ad altri, i quali venivano percepiti diversi e inferiori e per i quali non veniva sentita alcuna empatia. Ma mentre inorridiamo nel vedere film o documentari che ci fanno conoscere le sofferenze patite dagli ebrei ottanta anni fa e ci scandalizziamo per la indifferenza della gente comune, oggi rimaniamo a nostra volta indifferenti verso il il dramma di altri popoli, quelli che sono spinti verso le nostre coste da guerre e carestie: il consenso per Salvini è cresciuto soprattutto quando, da ministro dell’interno, il leader leghista ha a lungo negato l’approdo nei nostri porti a navi cariche di naufraghi che avevano attraversato il deserto e subito torture. Siamo felici di comprare a prezzi bassi frutta e verdura pur sapendo che a “calmierare” i prezzi c’è il lavoro in forme simili alla schiavitù di migliaia di migranti. Non fa più notizia la morte in mare di tanti disperati che si avventurano su fragili imbarcazioni per raggiungere l’Europa.
Anche in questo caso abbiamo una formula autoassolutoria: “aiutiamoli a casa loro”. Si tratta di una formula non errata se ad essa corrispondesse un impegno reale. E’ invece soltanto un modo per rimuovere il problema e mettere a tacere le nostre coscienze. Esattamente come il mantra ”italiani brava gente”.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stata anche dirigente del Sindacato
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