Il Tribunale per i minorenni di Roma ha riconosciuto l’adozione “incrociata” a una coppia di donne. E’ il primo caso in Italia, secondo quanto rendono noto Famiglie Arcobaleno e Rete Lenford. Le bambine, di 4 e 8 anni, sono nate una da una donna e l’altra dalla sua compagna grazie alla inseminazione praticata in Danimarca. Il tribunale ha riconosciuto il diritto delle due donne ad adottare la figlia dell’altra, facendo riferimento alle cosiddette “adozioni in casi particolari”. Le bambine avranno lo stesso doppio cognome ma per la legge non saranno sorelle.
In sostanza il Tribunale per i minorenni ha accolto i due ricorsi proposti dall’avvocato Francesca Quarato, socia di Rete Lenford e componente del gruppo legale di Famiglie Arcobaleno. “Questo nuovo ulteriore provvedimento, che resta nella scia delle già note sentenze – ha dichiarato la legale – ha una peculiarità rispetto alle precedenti: le minori in favore delle quali è stata riconosciuta l’adozione sono, infatti, nate ciascuna da una delle due donne della coppia. In questo modo ognuna ha un genitore biologico ed un genitore sociale, entrambi con piena e pari capacità e responsabilità genitoriale. Anche in questo caso, il Tribunale per i minorenni di Roma ha avuto riguardo esclusivamente all’interesse delle minori a vedere riconosciuto e tutelato il rapporto genitoriale che ciascuna ha con la madre sociale, rapporto che dunque si affianca, senza sostituirlo, a quello con la madre biologica, arricchendo la sfera delle relazioni delle bambine. L’adozione ‘incrociata’ accordata a ciascuna partner della coppia rispetto alla figlia biologica dell’altra assume, dunque, un significato particolare, valorizzando l’intreccio dei rapporti genitoriali e dei legami familiari biologici e sociali con un riconoscimento giuridico. Il Tribunale, in tal senso, ha stabilito che le bambine abbiano lo stesso cognome comune”.
Maria Grazia Sangalli, presidente di Rete Lenford e Marilena Grassadonia, presidente di Famiglie Arcobaleno, si sono dette estremamente soddisfatte del risultato. “Attualmente, in mancanza di una normativa sull’adozione da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso – ha detto Sangalli – il percorso per giungere all’adozione da parte di queste coppie è possibile solo interpretando la normativa in vigore in senso ampio ed evolutivo. In ogni caso, la forma di adozione oggetto di tali sentenze, rimane quella ex art. 44 lettera d) della legge sulle adozioni, ovvero la cosiddetta adozione in casi particolari, che conferisce al minore minori garanzie rispetto al riconoscimento di una genitorialità piena e legittimante. In questo caso le minori non acquisteranno la parentela con le famiglie delle adottanti e non saranno sorelle tra di loro. Purtroppo il legislatore non contribuisce all’opera di adeguamento delle corti al diritto vivente con l’emanare norme che tengano conto della realtà, come è successo recentemente in Senato con lo stralcio dell’articolo 5 che si limitava ad estendere alle coppie dello stesso sesso la possibilità di adottare il figlio del partner”.
“Bisognerebbe semplicemente guardare il mondo con gli occhi dei bambini per capire che tutelarli nei loro affetti è l’unica strada da percorrere per garantire loro una vita più serena” aggiunge Grassadonia. (servizio Ansa)
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