Il “duello” sull’Ambiente, e in particolare sulle trivellazioni petrolifere in mare, tra due membri del governo – il ministro Costa (M5s) e il sottosegretario Garavaglia (Lega) – rischia di allargarsi. Ad accendere la miccia è stata una dichiarazione del ministro dell’Ambiente, Marco Costa. Il quale – parlando della riforma della Commissione Via, il cui parere va sul tavolo politico – ha affermato: «Le trivellazioni passano per la valutazione di impatto ambientale, e io non le firmo. Mi sfiduciano come ministro? Bene, torno a fare il generale dei Carabinieri». E dice no anche agli inceneritori perché, osserva, “volerli costruire è ideologia, non è economico”.
Ed è arrivata subito la replica del sottosegretario all’Econonia, il leghista Massimo Garavaglia: “Il Parlamento è sovrano. Il problema vero è l’aumento sproporzionato dei canoni, che può portare all’abbandono delle attività da parte delle aziende con conseguenze occupazionali importanti, oltre a creare una perdita di gettito. Questo è – aggiunge – un punto di vista tecnico, poi la politica è quella che decide”.
Dunque l’emendamento depositato dal M5s sulle trivelle va modificato o l’impasse in Senato non si sbloccherà: lo affermano fonti della Lega, confermando il braccio di ferro in corso sull’emendamento al decreto semplificazioni. Il M5s dice di essere determinato a portare avanti lo stop a tutte le nuove trivellazioni, con aumento dei canoni e una deroga solo per le coltivazioni in corso. Ma per la Lega la proposta pentastellata è inaccettabile. A rischio, secondo i leghisti, ci sono centinaia di posti di lavoro, in siti come quello di Ravenna. Una delle proposte della Lega, respinta per ora dal M5s, sarebbe quella di presentare un emendamento che recepisca il testo del referendum del 2016, che vietava nuove trivellazioni entro 12 miglia dalla costa. Ma si starebbe lavorando a una mediazione che tuteli i posti di lavoro azzerando l’aumento dei canoni.
Ma il ministro Costa ha poi ribadito il suo no anche agli inceneritori (che invece Salvini aveva definito “necessari in ogni provincia”). «Sono fermamente contro gli inceneritori: non è economico. Questa non è ideologia, ma economia verde, che è più conveniente di quell’altra economia. L’ho chiesto anche a Confindustria: sono rimasti tutti zitti. Non è ideologia essere contro i termovalorizzatori, ma l’esatto contrario». E ha spiegato: «Se per costruire un inceneritore ci vogliono 7 anni e per arrivare all’ammortamento altri 20, vuol dire che quell’impianto va a regime dopo 27 anni. E allora siccome abbiamo stabilito che entro dieci anni in questo Paese dobbiamo arrivare ad avere un residuo di rifiuti indifferenziati del 10%, mi chiedo cosa daremo da mangiare a questi termovalorizzatori?».
Sulla stessa posizione del ministro Costa è il presidente della Camera Roberto Fico: «Vanno sospese le ricerche di nuovi giacimenti di idrocarburi, a partire dalle trivellazioni in Italia. Dobbiamo investire nelle rinnovabili, nel futuro. Il passato e le tecnologie obsolete, lasciamoceli alle spalle. – ha scritto in un post pubblicato sul proprio profilo Facebook – Non si può pensare di vivere il presente e progettare il futuro restando ancorati a modelli del passato. Viviamo un’epoca di transizione energetica che può solo andare avanti e non ammette passi indietro. Un momento di evoluzione e trasformazione che riguarda l’energia e i modelli di sviluppo e che detta la strada da seguire, quella delle fonti rinnovabili, con l’abbandono progressivo delle fonti fossili. In questo quadro di rivoluzione economica ed energetica vanno sospese le ricerche di nuovi giacimenti di idrocarburi, a partire dalle trivellazioni in Italia».
Ipotesi moratoria 18 mesi – E allora che cosa si dovrebbe e si può fare per uscire dall’impasse? Sospendere i permessi di ricerca e prospezione di idrocarburi in mare per un anno e mezzo in attesa della messa a punto del Piano delle aree idonee, da approvare appunto entro 18 mesi. E’ questa l’ultima versione dell’emendamento sulle trivelle presentato al decreto semplificazioni all’esame del Senato. Il testo ha ottenuto la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato e il via libera della Commissione bilancio.
Tuttavia sui contenuti sembra ancora non esserci un accordo politico interno alla maggioranza. La prima versione dell’emendamento M5S prevedeva una sospensione di 6 mesi relativa anche alla coltivazione, poi allungata a 24 mesi in una riformulazione della norma ‘in cambio’ dell’esclusione delle concessioni di coltivazione dalla moratoria. Il testo al momento in circolazione prevede una tempistica di 18 mesi a cui si affianca però un’ulteriore specifica: se il piano non verrà approvato i permessi riprenderanno efficacia solo dopo 24 mesi.
Il Pd pro-Lega. Nella diatriba si è inserito il Pd con un intervento del deputato Giacomo Portas a sostegno della linea leghista: «Basta parole. La Lega dica sì alla Tav, alle trivelle, sì allo sviluppo. E soprattutto convinca anche i Cinquestelle, subito. Senza innovazione si perdono solo posti di lavoro». La solita contrapposizione, che tanti disastri ha provocato in passato nel nostro paese, tra sostenitori dello sviluppo difendendo ambiente e salute (ma anche il lavoro) e sostenitori dello “sviluppo”a tutti i costi (anche a costo della distruzione dell’ambiente e della salute), salvo poi piangere su drammi come quello di Taranto.
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