Una tensione montata per giorni, l’escalation in poche ore, poi l’inevitabile: il consigliere per la sicurezza nazionale voluto da Donald Trump, il generale in pensione Michael Flynn, si è dimesso travolto dalla bufera su quelle conversazioni tenute con l’ambasciatore russo negli Usa, in cui aveva parlato delle sanzioni a Mosca. Ha consegnato la sua lettera di dimissioni alla fine di una giornata scandita dalle voci sul suo posto in bilico. Era nell’aria. Le critiche prima, le frizioni nella West Wing, poi le fughe di notizie. Fino alle rivelazioni del Washington Post: in serata citando fonti ufficiali anonime ha reso noto che l’amministrazione Trump era stata avvertita da tempo della possibile vulnerabilità di Flynn, che dopo quelle conversazioni si era reso potenzialmente ricattabile dalla Russia.
Era stata alla fine del mese scorso l’allora ministro della Giustizia ad Interim Sally Q. Yates a riferire alla Casa Bianca di Trump la sua impressione: a suo avviso Flynn aveva sviato membri dell’amministrazione circa la natura delle sue comunicazioni con l’ambasciatore russo (l’aveva smentito al vicepresidente Mike Pence che lo aveva per questo difeso pubblicamente), da cui la messa in guardia sulla potenziale ricattabilita’ del consigliere per la sicurezza nazionale.
Nei giorni finali dell’amministrazione Obama poi le perplessità della responsabile ad interim per la Giustizia furono condivise anche dagli allora direttori della National intelligence James Clapper e della Cia John Brennan. Per tutta la giornata si erano comunque rincorse le voci, dapprima senza alcun cenno da parte del presidente Donald Trump. Ad un certo punto Kellyanne Conway, tra i suoi più stretti collaboratori, aveva anche riferito della ”piena fiducia” di Trump nel suo consigliere per la sicurezza nazionale. Poi la nota dalla Casa Bianca a conferma che invece il presidente stava valutando il da farsi, parlandone con Mike Pence in particolare. Quindi la lettera con le dimissioni di Flynn in tarda serata, in cui alla fine ammette di aver tenuto diverse conversazioni telefoniche con vari interlocutori stranieri, ministri e ambasciatori ”per facilitare la transizione e cominciare a costruire le relazioni necessarie tra il presidente, i suoi consiglieri e leader stranieri” definendola una ”pratica standard”. Salvo poi riconoscere ”per via della veloce sequenza di eventi, ho inavvertitamente comunicato al vicepresidente eletto e altri informazioni incomplete sulla mia telefonata con l’ambasciatore russo”. Trump ha subito nominato Joseph Keith Kellog come consigliere per la sicurezza nazionale ad interim, ma spuntano già i nomi per ricoprire l’incarico, tra cui quello di David Petraeus che già nelle prossime ore dovrebbe incontrare il presidente Trump alla Casa Bianca.
Da un giudice della Virginia nuovo stop al bando anti-immigrati – Un giudice federale della Virginia ha concesso una ingiunzione preliminare che preclude all’amministrazione Trump di attuare nello Stato il bando sugli ingressi negli Usa per persone provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana, aggiungendo così un’altra decisione della magistratura a quelle già espresse e che mettono in discussione la costituzionalità del provvedimento voluto dal presidente Trump.
Una corte d’appello federale in California ha già posto la sospensione temporanea all’attuazione dell’ordine esecutivo, ma quest’ultima ingiunzione, disposta della corte distrettuale Leonie Brinkema, ad Alexandria, è di natura più permanente sebbene si applichi esclusivamente nello Stato della Virginia. La richiesta era stata avanzata dal procuratore generale della Virginia e su base nazionale, menzionando i danni che l’attuazione del bando avrebbe causato allo Stato (tra gli esempi menzionati un migliaio di studenti e decine di docenti delle università locali) ma il giudice ha limitato la sua decisione al livello statale affermando che l’ordine restrittivo scaturito dalla causa intentata dallo Stato di Washington risponde già in gran parte a quanto richiesto dalla Virginia. Inoltre quest’ultima causa non riguarda la parte dell’ordine esecutivo relativa ai rifugiati.
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