E’ morto a mezzogiorno Gianni Trez, il pensionato veneziano di 65 anni che ha scelto il suicidio assistito nella stessa struttura svizzera in cui si è lasciato morire Dj Fabo. “Non ha sofferto, era sereno, io e mia figlia gli abbiamo stretto le mani fino all’ultimo” ha detto la moglie Emanuela Di Sanzo, che ha poi ringraziato gli infermieri svizzeri della Dignitas, i volontari veneti dell’Avapo, lanciando infine un appello ai parlamentari: “Ora facciano una legge per impedire questi pellegrinaggi crudeli”.
“Potrei vivere ancora mesi, forse anni, ma non riesco a mangiare, a parlare, a dormire. Provo dolori lancinanti. È una sofferenza senza senso”. Sono le parole di Gianni, che si è sottoposto a suicidio assistito nella clinica Dignitas, la stessa dove lunedì si è spento Dj Fabo. “Sono sempre stato un salutista. Vegano, addirittura”, ha raccontato l’uomo al Fatto Quotidiano. “Poi la diagnosi del tumore, la prima operazione, le cure. Quindi la ricaduta, altre terapie, altra operazione. E ho detto basta! Mi sono informato, ho mandato le cartelle cliniche. E alla fine, dopo mesi di attesa, mi hanno convocato”.
Intervistata dal Corriere, la moglie Emanuela, in Svizzera con la figlia Marta, spiega che “Gianni è malato da due anni e la sua malattia lo ha ridotto ad avere una non vita. Diversi anni fa, ben prima che Gianni si ammalasse, eravamo insieme davanti alla televisione e guardavamo un programma dove c’era un servizio proprio su questo suicidio assistito in Svizzera”, racconta. “Gianni mi ha guardato e me lo ha detto in quel momento: ‘Se mi ammalo voglio morire così’. Adesso siamo qui”. “Viviamo in un Paese incivile – sottolinea la donna – che non concede di morire in modo dignitoso”.
Commenta per primo