Un improvviso aut-aut di Di Maio a Conte e al Pd crea disorientamento e allarme sull’esito della trattativa per la formazione del nuovo governo

Quando i tre governavano insieme (foto Ansa di Angelo Carconi)

Una sconcertante sortita di Luigi Di Maio ha creato lo scompiglio nella delicata fase di trattative per la formazione del governo “giallo-rosso” tra M5s, Pd e altre forze politiche di centrosinistra. Nel primo pomeriggio di oggi –  a conclusione dell’incontro tra la delegazione del M5s con il presidente incaricato Giuseppe Conte (ultima della serie di consultazioni con le forze politiche apertasi ieri), il capo politico del M5s ha annunciato di avergli lasciato una lista programmatica di 20 punti (il doppio di quelli annunciati il giorno precedente a Mattarella) con la precisazione che o si inseriscono tutti nel programma del futuro governo o salta ogni possibilità di accordo. Questa sorta di ultimatum, piuttosto bislacco, è stato inoltre accompagnato dalla precisazione che i due decreti sicurezza approvati dalla ex maggioranza M5s-Lega dovranno essere lasciati intatti (fatte salve, eventualmente, le due correzioni indicate dal Quirinale).

«Se entreranno nel programma di governo questi 20 punti indicati dal M5s,  si parte, altrimenti – ha dichiarato Di Maio – meglio il voto». Inoltre Di Maio ha aggiunto: «Non rinneghiamo questi 14 mesi di governo».

Si è avuta, insomma, l’impressione che Di Maio abbia subìto l’attrazione fatale dell’offerta fattagli da Salvini di farlo diventare capo del governo qualora evitasse di concludere l’accordo con il Pd per il governo rosso-verde. Impressione realistica o solo una mossa per alzare la posta nei confronti di Zingaretti e dello stesso Conte? I capigruppo M5s di Camera e Senato – D’Uva e Patuanelli – ribadiscono che non è così e lo hanno ripetuto in un incontro, già programmato, con Conte, al quale per il Pd sono intervenuti Franceschini e Orlando (entrambi indicati come possibili candidati alla vicepresidenza del Consiglio dei ministri per la parte Pd). Ma in sostanza- secondo i pessimisti –  la mossa di Di Maio ha forse soprattutto il sapore di un condizionamento di Giuseppe Conte, diventato, agli occhi di Di Maio, un protagonista troppo ingombrante nella formazione del nuovo governo. Invece – secondo gli ottimisti – ha l’obiettivo di bloccare la fronda anti-Pd che sarebbe consistente in seno al M5s e che potrebbe manifestarsi nella consultazione della base attraverso la consultazione sulla piattaforma “Rousseau” gestita da Casaleggio.

Ma Zingaretti ha replicato: “Queste minacce sono irricevibili”.

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