Un “Buon Natale” tenendosi lontani dalle ipocrisie

di SERGIO SIMEONE* Avvicinandoci a Natale, che viene celebrato in tutti i Paesi dell’UE, tutti con popolazione a maggioranza cristiana, ha occupato per qualche giorno la scena mediatica una piccola polemica suscitata  dal tentativo, nato non si sa bene in quale ufficio della Comunità (e subito abortito), di sostituire l’usanza di augurare “buon Natale” con la dicitura “buone feste”, ritenuta  inclusiva anche di chi non è cristiano.

Questa piccola scaramuccia mi ha fatto tornare  alla memoria la disputa che si ebbe quando, tra il 2004 ed il 2007 si tentò di dar vita ad una Costituzione europea. In quel caso si dovette decidere se inserire nel testo un riferimento alle “radici cristiane dell’Europa”. La disputa fu molto aspra, ma in essa  si distinse per la sua capacità di non lasciarsi prendere dalla faziosità, che aveva contraddistinto l’azione del Vaticano, monsignor Aldo Giordano, segretario generale delle Conferenze Episcopali Europee.

Non è certamente interesse delle Chiese – dichiarò il monsignore  – ritrovarsi semplicemente nominate nella Convenzione europea. Quello che sta a cuore è che siano presenti in Europa i valori che si ispirano al cristianesimo”.  Si trattava di una preoccupazione molto giusta e perfettamente condivisibile anche da parte dei laici, i quali ritengono che i valori contenuti nel Vangelo hanno una validità universale non confinabile nella comunità dei credenti. Non a caso il filosofo Benedetto Croce, notoriamente ateo, scrisse un libro dal titolo”Perchè non possiamo non dirci cristiani”. Ed è altresì noto che senza  fare alcun riferimento esplicito a “radici cristiane”, il pensiero cristiano (insieme con quello socialista e liberale) è fortemente presente nella nostra Costituzione.

Ma  la preoccupazione  di Aldo Giordano rivolta ad affermare la sostanza etica del cristianesimo e non i suoi aspetti formali, riguarda oggi anche, e forse soprattutto,  quegli stati, come la Polonia e l’Ungheria sedicenti cristiani, che risolvono la loro appartenenza al cristianesimo nella ritualità e perciò ritengono giusto respingere l’accoglienza ai migranti di religione islamica. E riguarda quei politici che esibiscono nei comizi vangeli e rosari, ma poi negano l’approdo nei porti alle barche che trasportano i migranti naufragati.

La Chiesa dovrebbe spiegare a questi Stati e a queste persone che il prossimo è qualsiasi essere umano, a qualsiasi nazione e a qualsiasi religione appartenga. Come emerge chiaramente  dalla parabola del buon samaritano, dove Gesù invita a comportarsi come il samaritano, straniero ed estraneo ai riti religiosi degli ebrei, che però soccorre  l’uomo ferito dai briganti, e non come il rabbino, rispettoso dei riti, ma che passando davanti all’uomo che chiede aiuto gira lo sguardo dall’altra parte.

Il Vangelo non bisogna solo agitarlo, ma anche leggerlo e praticarlo. E’ probabilmente ispirandosi alla parabola del buon samaritano che papa Francesco ha pronunciato la famosa frase: è meglio vivere da atei che da cattolici ipocriti.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

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