di NUCCIO FAVA – Quel furbacchione di Salvini vuole prenderci tutti per il naso facendo il furbo per attirare consensi e per farlo apparire vittima di persecuzione agli occhi degli italiani. La sceneggiata messa in piedi su facebook in diretta dal suo studio al Viminale appartiene a quegli spettacoli indecorosi che nessuna comunità civile dovrebbe sopportare. Il ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio inizia l’operazione davanti alla tv aprendo la busta della magistratura palermitana che, dando seguito all’iniziativa della Procura di Agrigento, lo deferisce al Tribunale dei ministri. Tutto secondo le procedure e le garanzie offerte dalla nostra Costituzione. Con modalità da commedia all’italiana, senza però che l’interprete fosse un Totò o un Aldo Fabrizi, l’attore Matteo Salvini inscena un furbesco monologo, autorappresentandosi come vittima di una manovra per arrestarne l’avanzata ed il successo, ordita contro la Lega di Bossi e, di conseguenza, con estensione della responsabilità all’attuale successore, per ingiungere la restituzione di circa 49 milioni sottratti a suo tempo alle finanze pubbliche.
Ma il ministro capoLega arriva alla paradossale affermazione “io sono eletto e sostenuto da milioni di italiani e loro (i magistrati) no”. Una bestemmia istituzionale e politica che volutamente scambia la funzione elettorale con quella giudiziaria, quando è ormai chiaro da secoli che la separazione dei poteri è garanzia fondamentale dello Stato di diritto.
Ma, non soddisfatto del pasticcio compiuto, eccolo riapparire, candido come una colomba, al forum Ambrosetti all’indomani della sua diretta televisiva contro i magistrati, dichiarando (meglio sarebbe dire: ammettendo) che l’indipendenza della magistratura è un bene sociale da rispettare. Nel nostro gergo popolare c’è l’immagine di chi scaglia la pietra e poi nasconde la mano. Ma per chiunque – e a maggior ragione per chi riveste un ruolo di primo piano nel governo – non può certo bastare una dichiarazione di attenuazione e di rettifica di quanto detto il giorno prima, anche perché nella stessa sede il nostro ministro dell’Interno ha enfatizzato i risultati ottenuti sul problema migratorio e i metodi adottati, che hanno provocato l’intervento della magistratura (quale che sia il giudizio che ciascuno ne possa trarre) . Né, in una sede qualificata come il forum economico in riva al Garda, Salvini ha fatto riferimento alla sua convergenza con il premier ungherese Orban e all’intenzione di promuovere una sorta di cordata unitaria di tutti i sovranisti in vista delle elezioni europee del maggio prossimo.
Fortunatamente c’è la saggezza del ministro Tria, che tenta di tenere sotto controllo le tentazioni e i bollori dei vice presidenti, impegnati ciascuno a sopire il prima possibile lo scivolone istituzionale del titolare del Viminale e a puntare, ciascuno per la sua parte, a spingere sulla riforma fiscale e sul reddito di cittadinanza . Temi sicuramente di grande importanza e rilievo, che non possono però ignorare la realtà dei nostri conti e un rapporto ragionevolmente credibile rispetto alle autorità di Bruxelles.
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