C’è il rischio di un nuovo “caso Regeni” in Egitto, con la differenza che questa volta ad essere stato arrestato è un giovane ricercatore egiziano, Patrick George Zaky, di 27 anni, che sta partecipando a Bologna a un master dell’Università.
Zaky è stato arrestato all’aeroporto del Cairo nella notte tra giovedì e venerdì. Lo conferma Amnesty International Italia. Il ragazzo, attivista per i diritti delle persone Lgbt, era rientrato in Egitto per una visita alla sua famiglia che si trova a Mansoura. Sarebbe stato accusato, secondo quanto riferito da Amnesty International e dalla ong Ecrf, di “diffusione di notizie false, incitazione a proteste, tentativo di rovesciare il regime, uso dei social media per danneggiare la sicurezza nazionale, propaganda per i gruppi terroristici e uso della violenza”.
A quanto si apprende da fonti della Farnesina, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio segue con attenzione, attraverso l’ambasciata al Cairo, la vicenda.
Riccardo Noury, portavoce Amnesty International, ha confermato all’Ansa che Patrick George Zaky si trova al momento in stato di arresto a Mansoura, sua città natale, per un mandato di cattura emesso nel 2019 “su cui non sappiamo cosa c’è scritto”, spiega. La notizia è arrivata ad Amnesty tramite una rete di attivisti egiziani e italiani. Autorità giudiziarie egiziane hanno confermato questo arresto che è stato formalizzato questa mattina. “C’è un periodo di diverse ore di cui di lui non si è saputo nulla – spiega Noury – Il suo arrivo al Cairo è avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì” e questa mattina è giunta la notizia della formalizzazione dell’arresto. Zaky “si occupava di identità di genere, che infatti era oggetto del suo master a Bologna”. All’Alma Mater il ricercatore stava infatti frequentando il Master Gemma in Studi di Genere.
“Non sottovalutiamo il fatto che aver promosso questo ‘rumor’ su Patrick George Zaky – prosegue Noury – è una deterrenza per chi pensa che nessuno nel mondo sappia ciò che succede e quindi crede di poterlo trattare come gli pare, come accaduto con Giulio Regeni”. “So che ci sono anche interrogazioni parlamentari in vista – aggiunge Noury – Bene. Noi da parte nostra pretendiamo di sapere che cosa c’è scritto sul mandato di cattura. Basandomi su analogie, se il mandato contiene un reato che non è altro che una legittima attività di denuncia, di informazione, di commento pubblico o critica, in questo caso scatta l’imputazione per diffusione di informazioni false, di minaccia per la sicurezza nazionale, di terrorismo, il che sarebbe allucinante. Questo darebbe un alibi per legittimare una procedura del tutto illegale”. Se nel mandato si leggono capi di imputazione che “equivalgono a una attività legittima, va scarcerato subito, devono farlo sapere”.
“Ci aspettiamo un susseguirsi di ordini di detenzione di 15 giorni – dice ancora Noury – rinnovabili più volte, e naturalmente in questa situazione di detenzione prolungata, con la scusa di condurre indagini, il rischio è che le condizioni detentive siano equiparabili a tortura, se non la tortura stessa”.
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