Veronica Panarello, la donna sotto processo con l’accusa di aver ucciso il 29 novembre 2014 a Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, il figlioletto Loris di 8 anni e di averne gettato il corpo nella siepe di una stradina del paese siciliano, ha accusato formalmente del delitto il suocero, Andrea Stival, perché – sostiene – Loris aveva scoperto i rapporti che intercorrevano tra lei e il nonno. Nella prima parte delle spontanee dichiarazioni rese davanti al giudice dell’udienza preliminare di Ragusa, Andrea Reale, la donna ha detto che il piccolo Loris “aveva visto qualcosa che non doveva vedere”.
La donna ha ribadito la sua ultima ricostruzione del delitto: il suocero era in casa con lei, lei su ordine dell’uomo gli avrebbe legato le mani con delle fascette. Poi lei sarebbe uscita dalla stanza per rispondere a una telefonata. Al ritorno avrebbe trovato il figlio morto, strangolato dal suocero con un cavo usb grigio. Poi il corpo avvolto in un plaid è stato portato in auto e portato nel canalone di contrada Mulino Vecchio.
Le indagini però non collocano Andrea Stival nella casa di Veronica. E su questo punto la donna ha provato a dare consistenza alla sua verità sottolineando che “il fatto che non riesca a dimostrare che mio suocero fosse in casa con me al momento del delitto non significa che non ci fosse…”.
Immediata la reazione di Andrea Stival: “Troppo fango si è mosso. Voglio pace, rispetto e giustizia per la famiglia e per il bambino”, ha detto uscendo dall’udienza a Ragusa. Il suo legale si è detto “sbalordito per le dichiarazioni” della donna che “ha sostenuto una posizione indifendibile perché il processo ha accertato le sue responsabilità”. “Le sue sono calunnie, che contesteremo nelle sedi opportune”, ha concluso l’avvocato.
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