Ci sono dei paesi di cui è molto difficile parlare di sport, di calcio, trovandosi in situazioni sociali molto complicate, condizionati da divisioni interne e da lotte per indipendenza e libertà che affondano le loro radici in tempi molto remoti. Nonostante questa difficoltà, però, molto spesso parliamo anche di realtà sportive che sono diventate esse stesse veicolo di ribellione e di riscatto sociale, basti pensare all’importanza avuta dal rugby nel processo di eliminazione dell’apartheid nel Sud Africa di Nelson Mandela, o ai rigurgiti indipendentisti della Catalogna, che ha eletto il Barcellona a suo simbolo, o a quello che accadde nel derby tra Stella Rossa e Dinamo Zagabria, partita i cui incidenti in pratica dettero inizio alla tragica guerra di Jugoslavia. Antico è anche il conflitto che ha attraversato l’Irlanda del Nord, che ancora mantiene le sue divisioni sociali sotto il controllo inglese, che ha provocato trent’anni di guerriglia interna dell’IRA contro l’esercito britannico, partendo dal tragico Bloody Sunday del 1972, in cui i parà britannici uccisero quattordici persone, la maggior parte giovani, per un conflitto che si è pacificato solo nel 1998.
I “verdi” d’Irlanda. In tutto questo la nazionale di calcio raffigura uno dei pochi simboli di unione dove è usata, tra l’altro, la bandiera nordirlandese, l’Ulster Banner. Una nazionale che rappresenta il calcio di un paese che, pur avendo dato i natali al mitico George Best, assurto a vera icona del calcio non solo britannico, ma mondiale, non ha mai espresso risultati importanti, con i migliori calciatori che emigrano tutti nei campionati britannici, o liberamente in quelli dell’Eire. Uno di questi pochi risultati importanti è rappresentato dalla prima delle tre partecipazioni alla fase finale di un Mondiale, quella del 1958 in Svezia, e a farne le spese fu proprio la Nazionale italiana, per la prima e unica volta estromessa da una fase finale di un mondiale, al termine di uno spareggio di qualificazione in cui gli irlandesi furono molto furbi e gli italiani molto ingenui. A queste tre partecipazioni ai mondiali va ora aggiunta la qualificazione a Euro 2016, prima volta di questa nazione al Campionato Europeo.
Un traguardo raggiunto grazie alle nuove regole di qualificazione ai prossimi europei. Può suonare strano che una nazionale come quella nordirlandese sia stata capace di qualificarsi per un mondiale e mai per un europeo, ma bisogna sempre tenere conto che, paradossalmente, restava sempre più difficile qualificarsi per la fase finale della competizione continentale, per l’esiguo numero delle partecipanti. All’inizio, infatti furono solo quattro, poi otto, fino ad ora sedici e proprio dall’edizione francese del prossimo anno saranno ventiquattro. Questo allargamento ha quindi creato quei posti in cui una nazionale come quella allenata da Michael O’Neill, complice anche una buona congiuntura nel valore dei calciatori, è riuscita a strappare lo storico pass, creando quindi anche a livello continentale i presupposti per creare leggende del calcio del loro paese da affiancare al già citato George Best, a Pat Jennings, Billy Bingham, Norman Whiteside, Jimmy Nicholl e per permettere a David Healy di incrementare il suo bottino di reti in nazionale, fermo al momento alla ragguardevole cifra di trentasei segnature.
*Storico del calcio
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