di ENNIO SIMEONE – La minaccia di Mattarella di nominare un governo neutrale di garanzia per arrivare ad elezioni anticipate entro dicembre e la contemporanea minaccia di Di Maio e di Salvini di chiedere il ritorno alle urne addirittura in luglio hanno impresso una accelerazione al raggiungimento di un accordo di governo tra i leader di Cinquestelle e della Lega, che dovrebbe essere perfezionato entro le prossime ore, ma che si è concretizzato stasera con la decisione di Berlusconi di non porre veti a una simile alleanza, pur ribadendo di voler dare i voti dei parlamentari di Forza Italia, peraltro non indispensabili perché il governo già ribattezzato “giallo-verde” abbia la fiducia delle Camere.
I segnali della svolta si erano avuti già nella tarda mattinata, quando Salvini e Di Maio hanno fatto arrivare a Mattarella la richiesta di soprassedere alla assegnazione, che sembrava imminente, di un incarico ad una personalità “terza”, cioè politicamente non qualificata in maniera marcata, di formare un governo “tecnico” a tempo, con ministri pronti a dimettersi appena si fosse delineata la concreta possibilità di formazione di un governo politico, e comunque impegnati a non candidarsi in eventuali elezioni politiche.
Agenda alla mano, si può prevedere che Matteo Salvini e Luigi Di Maio potrebbero avere più tempo per chiudere il loro tentativo di un accordo per un governo: fino a 48 ore. Il presidente Sergio Mattarella è atteso a Fiesole per una riunione internazionale con altri capi di Stato europei che lo terrà impegnato per tutta la giornata. Quindi si dovrebbe trasferire da Firenze direttamente a Palermo, dove, venerdì mattina, parteciperà ad un Convegno di studi in tema di contabilità pubblica. Il rientro a Roma è previsto per venerdì all’ora di pranzo.
Berlusconi ci ha tenuto a precisare che “Il governo Lega-M5S non segna la fine dell’alleanza di centrodestra: rimangono le tante collaborazioni nei governi regionali e locali, rimane una storia comune, rimane il comune impegno preso con gli elettori. Se un’altra forza politica della coalizione di centrodestra ritiene di assumersi la responsabilità di creare un governo con i Cinquestelle, prendiamo atto con rispetto della scelta – prosegue la nota -. Non sta certo a noi porre veti o pregiudiziali. In questo caso non potremo certamente votare la fiducia. Di più a noi non si può chiedere, anche in nome degli impegni che abbiamo preso con gli elettori”.
“Il paese da mesi attende un governo. Continuo a credere che la soluzione della crisi più naturale, più logica, più coerente con il mandato degli elettori sarebbe quella di un governo di Centro-Destra, la coalizione che ha prevalso nelle elezioni, guidato da un esponente indicato dalla Lega, governo che avrebbe certamente trovato in Parlamento i voti necessari per governare. Questa strada – si legge nella nota – non è stata considerata praticabile dal Capo dello Stato. Ne prendo atto. Se un governo Lega-M5S non dovesse nascere, nessuno potrà usarci come alibi di fronte all’incapacità – o all’impossibilità oggettiva – di trovare accordi fra forze politiche molto diverse”.
“Di fronte alle prospettive che si delineano – continua Berlusconi -, non possiamo dare oggi il nostro consenso ad un governo che comprenda il Movimento Cinque Stelle, che ha dimostrato anche in queste settimane di non avere la maturità politica per assumersi questa responsabilità. Questo lo abbiamo sempre detto, e per quanto ci riguarda non è mai neppure cominciata una trattativa, né di tipo politico, né tantomeno su persone o su incarichi da attribuire”.
A sua volta Salvini ha dato formalmente a Berlusconi la seguente garanzia: «Qualunque cosa accada, l’alleanza del centro destra non si romperà, è un prerequisito».
Ma anche Di Maio ha avvertito: «Io non ho disdetto la campagna elettorale. Salvini mi ha chiesto altre 24 ore e insieme le abbiamo chieste al Colle, ma io resto in campagna elettorale».
Schermaglie, evidentemente, destinate a fare da cuscinetto di fronte all’opinione pubblica per giustificare una soluzione indubbiamente rischiosa e piana di incognite, per certi aspetti persino innaturale, ma che comunque i partiti cosiddetti tradizionali, come in particolare il Pd, oltre a Forza Italia, hanno imposto che si realizzasse. «Loro hanno vinto e loro se la sbrighino», ha ripetuto fino a ieri il “perdente di successo“ Matteo Renzi. Ora bisogna vedere come se la sbrigherà lui. L’unico motivo di conforto, oggi, può venire al Pd solo dal fatto che siano scongiurate per ora le elezioni anticipate: un bis del 4 marzo lo avrebbe ulteriormente polverizzto.
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