di MARIO MEDORI/ Adesso è anche ufficiale: Vittorio Sgarbi si è dimesso da sottosegretario alla Cultura al termine di un incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Incontro durato quasi un’ora. Alla fine del faccia a faccia lo stesso Sgarbi ha annunciato: “Mi sono dimesso come previsto nelle mani della presidente del Consiglio e la ringrazio dell’attenzione che mi ha riservato”.
La lunga telenovela si è dunque conclusa. Adesso resta da vedere se Vittorio Sgarbi presenterà ricorso al Tar come aveva promesso poco meno di una settimana fa dicendo: “La mia agonia sarà lunga”. Una presa di posizione che aveva lasciato nel limbo la mozione delle opposizioni sulla sua rimozione. Importante è stata sicuramente la delibera dell’Antitrust, resa nota venerdi’ scorso con il conseguente primo annuncio delle dimissioni.
Il tutto poi ribaltato improvvisamente dal critico d’arte. Sgarbi di fatto ha deciso di prendere tempo in attesa del voto della mozione, alla fine calendarizzata per il 15 febbraio, e delle possibili contromisure del premier; d’accordo con il ministro della Cultura Sangiuliano, sulla possibile revoca delle deleghe al sottosegretario.
La delibera dell’Authority. Il senso di quel provvedimento sta tutto in una fase: “Sgarbi ha esercitato attività professionali in veste di critico d’arte, in materie connesse con la carica di governo, come specificate in motivazione, a favore di soggetti pubblici e privati, in violazione della Legge Frattini sul conflitto di interesse”. Alla luce di tutto questo, le dimissioni di Sgarbi erano inevitabili.
Sgarbi continua però a ritenere di non essere nel torto. Non a caso ha dichiarato: “Se mi sono tolto un peso? Ho fatto quello che dovevo fare. Ritengo totalmente ingiusta la delibera dell’Antitrust, ma, allo stato, essendo contro di me, non avrei potuto continuare a fare Sgarbi. Preferisco fare Sgarbi e non fare il sottosegretario”.
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