E’ salito a 20 il numero delle persone arrestate in Kenya, in una maxioperazione nella zona di Chakama e Galana-Kulalu, a 48 ore dal rapimento della cooperante italiana Silvia Costanza Romano (nella foto con uno dei bambini africani di cui si prende cura) .
Intanto la famiglia di Silvia chiede il silenzio stampa: “Non condivideremo nessuna informazione finché Silvia non sarà a casa – dice la mamma Giulia Romano – e vi preghiamo di smetterla di cercare di contattarci perché non siamo una famiglia cui piace stare in tv o suoi giornali”.
Le indagini. “Fonti della polizia di Malindi” hanno precisato che i fermati sono stati portati in vari commissariati per essere interrogati. La retata è stata confermata dal comandante della polizia regionale costiera, Noah Mwivanda, senza poter fornire cifre sui fermi ma precisando che forze di sicurezza hanno esteso l’operazione alle contee di Tana River e Taita Taveta. Nell’ambito delle indagini sul rapimento la polizia keniana sta cercando un uomo che aveva affittato camere per due sospetti scomparsi dal momento del sequestro. E’ quanto emerge da informazioni rilanciate dal sito del quotidiano keniano Daily Nation. Il ricercato si chiama Said Abdi Adan, è un residente della contea di Tana River (a nord-ovest di Malindi) ed “é scappato dalla zona alcuni giorni prima dell’attacco”, precisa il sito del più diffuso quotidiano del Kenya. “Una persona del posto, Mr Malik Said Gasambi, ha detto ai giornalisti che Adan ha affittato una casa a Chakama e più tardi ha portato a viverci due persone”, scrive Daily Nation. “Gli ho dato due stanze nelle quali hanno passato notti a masticare miraa”, ha detto Gasambi usando un sinonimo del “qat”, la pianta che con un alcaloide causa eccitazione ed euforia. “Sorprendentemente, tutti sono spariti dall’attacco. Sono partiti silenziosamente portandosi tutto quello che avevano”, ha aggiunto il residente.
Il rapimento. La 23enne Silvia Costanza Romano è stata rapita durante un attacco armato avvenuto la sera, alle 20 ora locale, del 20 novembre nella casa dove abitava, a breve distanza da un centro commeciale nella contea di Kilifi, sulla costa nel sud-est del Paese. Il capo della polizia keniota Joseph Boinnet ha fatto sapere che nell’incursione cinque persone sono rimaste ferite, tra le quali un ragazzino di 12 anni in modo grave. Secondo Boinnet, non è chiaro il motivo dell’attacco, né chi ne sia responsabile. Nella zona ci sono stati rapimenti di stranieri da parte di fondamentalisti islamici con base in Somalia per cui si presume che questa possa essere la matrice dell’attacco. Ma si fanno anche altre ipotesi, come quella di malviventi che hanno sequestro la giovane milanese per poi chiedere un riscatto. Sta di fatto che il commando ha chiesto ai vicini proprio della “ragazza bianca”.
E’ quanto precisa il servizio di polizia nazionale del Paese africano. La banda di uomini era armata di fucili AK 47.
La volontaria italiana, che è di Milano, lavora nel Paese africano per una organizzazione con sede a Fano, nelle Marche: la Africa Milele Onlus. E’ quanto rende noto via Twitter la polizia kenyota.
Lilian Sora, presidente della onlus marchigiana Africa Milele per cui lavora la cooperante rapita, ha spiegato di non potere rendere nota, per il momento, l’identità della giovane. “Il rapimento della volontaria italiana 23enne è avvenuto in una parte del Kenya dove non ci sono centri commerciali, al massimo un negozietto dove si vendono fagioli e dove soprattutto non succede mai niente del genere”, ha spiegato Sora. “A quanto ci hanno raccontato le persone che abitano nel villaggio – ha aggiunto – sono arrivati quattro-cinque individui armati che hanno lanciato un petardo, facendo sollevare la sabbia e hanno sparato più volte. Poi sono andati, a colpo sicuro, nella casa dove era la nostra volontaria, probabilmente perché lì sapevano che c’era una italiana, anche se non so spiegarmi il motivo di quello che è successo. In quel momento era da sola, perché altri erano partiti e altri ancora arriveranno nei prossimi giorni”.
L’Unità di crisi della Farnesina si è immediatamente attivata e lavora in stretto contatto con l’ambasciata d’Italia a Nairobi e con la famiglia della cooperante. Come in tutti i casi di rapimenti all’estero, sottolineano le stesse fonti, la Farnesina intende mantenere il più stretto riserbo sulla vicenda “nell’esclusivo interesse della connazionale”.
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